Torino, pensieri poco distratti…
Ho appena lasciato quella che fu la prima Capitale d’ Italia: Torino.
Negli occhi ho vivida la bellezza del suo centro storico: una piccola Parigi con edifici maestosi ad abbracciare strade e viali ancora pavimentati in porfido.
E come Parigi, i meravigliosi palazzi presentano i caratteristici abbaini, ed è li che il mio sguardo si posa appena dopo il tramonto quando si accendono le prime luci. Da sempre la mia fantasia si scuote davanti ad una finestra illuminata: chissà chi vi abita, cosa starà facendo, se ci sono bambini che stanno per addormentarsi o qualcuno che sta preparando la cena per un amore appena nato, magari con una rosa rossa in centro tavola.
Avevo visitato Torino moltissimi anni fa, quando era una vecchia signora seduta su una poltrona ormai lisa, persa nei grandiosi ricordi di gioventù. Fortunatamente un grande evento sportivo l’ha risvegliata e finalmente l’intera città, con le importanti trasformazioni subite, si presenta ora davvero in forma. Soffre sempre di quel senso di inferiorità rispetto alle altre metropoli italiane, ma personalmente credo che questo le faccia solo del bene. Restare in disparte, a volte, è premiante.
In città si passeggia piacevolmente sotto gli alti portici, in cui trovano posto rivendite di libri usati dove c’è sempre qualcuno fermo a cercare e magari scovare proprio quel testo che manca alla sua personale libreria di casa. E sono davvero tante anche le librerie, di famosi editori ma non solo, lungo le strade del centro a confermare come la città evidentemente ha una base culturale di prim’ordine. Così come sono molte le profumerie e le farmacie anche e soprattutto quelle storiche che tramandano saperi importanti tra preziosi arredamenti d’epoca. Insomma il centro storico racchiude in se grandi gioielli e attraversarli fa davvero bene all’anima: i suoi meravigliosi musei, le scenografiche piazze, i luoghi di ritrovo che, con un bicerin o un bicchiere di vermouth, raccontano la storia della città.
A Torino, grande città industriale, non potevo mancare una visita al grande, immenso Lingotto, ex sede della FIAT. Inaugurato nel 1923, è l’esempio perfetto di architettura legata all’industria, luogo iconico della Torino dove forse ogni famiglia ha avuto qualche famigliare che qui vi lavorava. Perfino il grande Le Corbusier si espresse verso quello che considerava “uno degli spettacoli più impressionanti che l’industria abbia mai offerto”: un vero esempio di come si può rendere bello anche un luogo di lavoro “sporco”. Un altro grande architetto, Renzo Piano, si è occupato della recente ristrutturazione che vede ora un centro commerciale, un cinema, numerosi ristoranti e uffici al posto di quello che era un luogo simbolo d’Italia.
Ho passeggiato dentro i lunghi corridoi dove si affacciano vetrine di negozi ormai tutti uguali e pensavo invece a cosa quei pilastri, quelle finestre hanno visto durante gli anni gloriosi dove poter acquistare una piccola auto era diventare ricchi, anche socialmente o dove sono state progettate tra le automobili più belle al mondo. Ho cercato di estraniarmi dalle luci e dagli odori di fritto delle catene finto americane per annusare ancora il puzzo d’olio e di grasso, e ho acutizzato l’udito per provare a sentire ancora il rumore di lamiera…nulla, tutto finito. O meglio, tutto portato in altri luoghi dove il profitto è maggiore. E qui ci restano solo magliette e mutande tutte uguali.