Nel 2018 visitai la mostra fotografica “Viaggio, Racconto e Memoria” di Ferdinando Scianna allestita nel Complesso di San Domenico a Forlì. Fu una folgorazione! Complice l’audioguida con la voce del Maestro a raccontare le sue foto esposte correlandole di aneddoti e racconti, mi immersi nel suo mondo presentato meravigliosamente bene, con l’immagine e con la parola.

Ricordo ancora alcuni minuti passati contemplando le sue foto, nei quali mi sono ritrovata davvero “dentro” quelle immagini, estraniata da tutto e da tutti, quasi a sentire perfino gli odori di quei luoghi, completamente rubata alla realtà che mi circondava.

La mostra venne poi replicata anche a Venezia dove ebbi la fortunata occasione di incontrare personalmente il Maestro Scianna ma soprattutto di assistere ad un paio di sue conferenze dove ha regalato alla platea parole preziose.

Uomo orgogliosamente “d’altri tempi”, anagrafici ma sopratutto per un’elevazione intellettuale davvero sorprendente: ogni sua immagine è un racconto ricchissimo di dettagli, che ora diventa anche testimonianza di come eravamo, di mondi e luoghi ormai passati ma che hanno contribuito a costruire la nostra identità. Anche nelle sue numerose pubblicazioni, è possibile ritrovare quella ricchezza di racconto dove le parole diventano quasi degli attori su quel palcoscenico che è la sua Sicilia: ricche e opulente ma mai troppe, condite da quella vena di umorismo “serio” che invita alla riflessione oltre a donare un sorriso.
E quella sua cultura così marcatamente “siciliana” la riporta anche quando si imbatte nella fotografia di moda o scatta ritratti di celebrità: è indubbio che dentro le sue immagini c’è lui.

Le numerose immagini dedicate alle feste religiose della sua Sicilia sono uno spaccato d’Italia irripetibile e rimandano fedelmente all’atmosfera e alla cultura di quegl’anni. Della lunga sequenza relativa alla feste religiose, una delle mie immagini preferite è inserita nella serie denominata Enna, 1963. Riprende una bambina ad una processione, accompagnata dai genitori, vestita come una piccola suora ma addobbata con una sorta di grande cappello di fiori.

Una foto che risulta essere molto grafica, complice anche il b/n, la posizione delle braccia dei genitori e della bambina assieme al suo vestito forma una grande V che guida lo sguardo verso il soggetto e spinge con forza l’intera fotografia regalandole un movimento davvero importante. La croce che si intravede riporta all’iconografia classica della festa religiosa, oltre a rimandare alla seconda croce, quella al collo della bambina, è posta proprio al centro e in alto, quasi ci trovassimo in una chiesa, rafforzando così l’intenzione di sottolineare che si tratta di una festa di fede. Lo sguardo della bambina racconta di un’identità ancora alla ricerca, tra il serio e l’orgoglioso, e quindi tra la responsabilità di indossare la tunica da suora ingentilita dai fiori in testa e la voglia di partecipare a quel momento così importante per la sua famiglia e il suo paese: un sentirsi già grande all’interno di un “gioco” che in realtà gioco non è.

 

Photo credit: Pier Paolo Pulese